Il temporale sta ormai terminando: qualche
lampo in lontananza, poche gocce, ma fa ancora un po’ freddo. A quell’ora il
vaporetto è quasi vuoto. Dopo giorni di ressa, sembra strano trovare intere
file di sedili libere. Le due amiche in vacanza, nel classico assortimento di
bionda e mora, decidono dunque di approfittare e sedersi nell’ultima, in
fondo.
La luce dei neon isola lo spazio
interno da quello esterno. Si sfila così lungo il Canal Grande con sovrana noncuranza.
Da un finestrino semiaperto ogni tanto compare una bifora illuminata, un
lampadario dai mille lapislazzuli, un soffitto affrescato. Riaffiora la
magnificenza serenissima, ma è questione di un paio di secondi.
All’improvviso, dopo la fermata di
Rialto, un giapponese di mezza età si siede davanti a loro, girandosi a
guardarle. Porta un cappello floscio e puzza violentemente d’alcool. Le osserva
con attenzione, bofonchiando in inglese qualcosa come poetry o poem, ma le due
capiscono ben poco, complice il rollio continuo del vaporetto. “Wait”.
E ha già estratto dallo zaino un
libretto rosso: “Poesie” di Patrizia
Cavalli.
“Do you know?” – “Oh, yes, she’s an Italian poet” - risponde la mora, con soddisfazione. Soddisfatto anche il giapponese che, con mossa plateale, apre alla prima pagina - “Listen” - iniziando a declamare versi.
La bionda non ci crede. La mora, che
ha la fortuna di essergli più vicina, cerca di sdrammatizzare correggendogli la
pronuncia con scherzoso fare da maestrina.
“Artefìche”,
legge lui. No: “artèfice” – subito
lei.
L’altra continua a seguire attonita,
trattenendo conati di vomito causa olezzi vari.
“Ciavi”.
“Ma no, no: chiavi”.
Dopo un distico, una smorfia di
stanchezza, o forse nervoso: il libretto viene chiuso di scatto.
“Romantic?”
“Sorry?”
“Are you romantic?”
“All Italian girls are romantic” - si fa uscire di
bocca la mora, che contemporaneamente si pente e si odia per l’inutile battuta.
La bionda, confinata più a lato, finge di partecipare, ma non sente nulla.
“Ménage a trois?”
“Oh, no, no, thanks” – questa volta la mora si dà un tono serio.
“One-o-one?” –
non demorde il nipponico, guardando alternativamente lei e la bionda, e muovendo
più volte l’indice, prima verso l’una, poi verso l’altra...
La bionda, che nelle orecchie aveva soltanto
il perenne bordone dei motori, intuisce miracolosamente
qualcosa e lo fissa con cattiveria.
“No, no” - ripetono
in coro.
Lui si volta di scatto, girando loro le
spalle.
La mora non si trattiene più e scoppia
a ridere. La bionda, benché confusa, la segue.
Con imperturbabilità orientale, l’uomo
si sposta dall’altra parte del vaporetto, si accascia su un sedile e si
addormenta.
“Ultima fermata: LIDOOO”. I pochi passeggeri si alzano, anche le due amiche.
Escono sulla banchina. La mora si
gira: lui è ancora lì, immobile nell’ultima fila, con la testa ciondoloni, il
cappello storto.
Il vento era lieve,
ricomparse erano le stelle.
E già il vaporetto ripartiva.
[Haiku veneziano]
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